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Alessandro Rivoir è un raffinato poeta dell’immagine.
Le sue variopinte tavole, realizzate con acrilici e pigmenti vari, spesso ironicamente impreziosite da imponenti cornici, sono il pretesto per dare sfogo ad una vena onirica e fabulatoria. Ho avuto modo di affermare analizzando l’arte, in particolare italiana, degli ultimi anni , che quest’ultima si confronta con l’esterno e l’invadenza tecnologica e mediale tramite un duplice atteggiamento in bilico tra adesione e sfida al reale e distacco nella dimensione del simbolo e dell’allegoria. Il secondo mi pare il territorio prediletto da Alessandro Rivoir , il cui lavoro ha conosciuto una fase di notevole visibilità negli anni ’90 e si ripropone ora con immutata forza. Le sue opere si collocano elettivamente in un ben individuabile sito tipico dell’avanguardia italiana, in grado di gettare uno sguardo ironico e demistificante sulla quotidianità con una sostanziale manovra di aggiramento, adoperando, ad esempio, gli stereotipi dell’immaginario ludico infantile, come Rivoir sa ben fare, con un lessico dotato di inesauribili e sempre valide varianti.
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