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senza titolo
Leonida De Filippi è nato a Milano, dove vive e lavora.
Sculture che evocano architetture di palazzi distrutti, relitti contemporanei. Strutture metalliche e taglienti, preziose come gioielli forgiati da un maestro orafo, simbolo di ricchezza e potere, della forza degli oggetti progettati dall’uomo per distruggere, ma anche per costruire. Un titolo che suona come un’icona, Exoskeleton, la “corazza” naturale degli insetti per difendersi dall’esterno e che qui assume un significato traslato e racchiude tutte le contraddizioni dell’epoca contemporanea che Leonida De Filippi esprime in questi sui nuovi paesaggi urbani.
De Filippi indaga il tema delle guerre nel nord dell’Africa e in Medio Oriente da oltre un decennio. Lo fa anche fuori dallo studio, militando “sul campo” con viaggi di indagine e “azioni” a favore delle popolazioni del Maghreb.
La sua riflessione parte dall’analisi delle immagini e dall’assuefazione ad esse da parte dell’uomo contemporaneo. Già nella bella mostra a Parigi Leonida De Filippi con la sua opera “Sahwa - Tribute to Arab Spring”, metteva in scena il racconto metropolitano in cui la storia del vecchio Occidente s’intreccia alle tensioni del mondo nuovo mediorientale con i giovani che hanno acceso la primavera araba, l’evento che è già uscito dalla cronaca per diventare storia e inaugurare di fatto il XXI secolo. Nella mostra parigina era la sinestesia, la contaminazione di visioni e di tecniche – fotografia, pixel dipinti, cromie sgargianti e tessuti per tappeti - a simboleggiare saperi e culture che stanno lungo una linea di confine.
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